Questo editoriale è diverso da tutti gli altri. Non parlerò di politica o dei tanti problemi che dobbiamo affrontare ogni giorno perché in questo Paese niente funziona come dovrebbe, ma voglio parlare di vita, anzi di vite spezzate troppo presto.
Oggi ho assistito a una triste scena che ti fa venire la pelle d’oca e le lacrime agli occhi. Un giovane ragazzo è morto a solo diciannove anni a causa di un grave male che si chiama CANCRO.
Ed oggi è venuto a dare l’ultimo saluto alla sua scuola, ai suoi compagni e ai suoi professori dentro una bara bianca ricoperta di fiori bianchi. Commovente è stato il momento in cui i compagni hanno preso in spalla quella bara per portarla dentro la scuola, per poi riportarla fuori e alzarla in cielo, lì dove ora è il loro compagno, angelo tra gli angeli, poi si sono stretti tutti in un abbraccio gridando il nome del loro caro amico.
Come si può morire a soli diciannove anni quando hai ancora tutta la vita d’avanti a te, con tanti progetti e tante speranza? C’è chi magari risponderà che “questa è la volontà del Signore”. Ma chi gli e lo spiega ad una madre che il suo bambino non c’è più a causa di una maledetta malattia? Chi gli e lo spiega ai suoi compagni ed amici che a diciannove anni la vita può finire?
Il Cancro, una malattia che a volte non da scampo, che no guarda in faccia nessuno: adulti, bambini, ragazzini.
Tumori che a volte sono causati dai tanti veleni che ci intossicano ogni giorno.
Pensando a questo, allora, ci dovremmo fermare un attimo a riflettere sul senso della nostra vita; sui tanti problemi che ci creiamo anche inutilmente, su quello che vorremmo fare ma a volte non lo facciamo chissà per quale motivo, spesso non lo sappiamo neanche noi.
Forse dovremmo capire che il tempo non sempre ci appartiene e che poi può essere troppo tardi.