Cosa ci si aspetta dall’ennesimo corso di scrittura creativa?

Non so rispondere in modo esaustivo alla domanda ma posso dire cosa sto ricevendo.

Il corso tenuto da Alessandro Russo, medico e scrittore catanese e dalla giornalista Graziella Nicolosi dell’ associazione Argo di Catania presso il castello-biblioteca di via Leucatia, è diventato, al terzo incontro, un buon tirocinio non per scrivere bene, ma sicuramente per conoscere quel mondo interiore, per alcuni sopito, per altri mai esplorato, utile allo scrittore che vive in ciascuno di noi partecipanti.

Abbiamo avuto modo di conoscere, attraverso gli ospiti ai diversi incontri, il difficile, disarticolato sentiero che conduce alla pubblicazione, l’importanza della scrittura come momento catartico, l’uso delle emozioni come inconscio individuale ma anche collettivo.

Abbiamo discusso e ci siamo confrontati parecchio, oltre all’aver svolto esercizi di manipolazione di un testo narrativo o sull’uso di metafore e similitudini che rendono musicale il linguaggio poetico.

Mi è stato offerto o forse l’ho proprio scelto io, un libro da leggere e recensire, (ormai lo faccio da anni sulla mia pagina FB “ La biblioteca dei libri ritrovati”), di un autore, di origini siciliane, Andrea D’Agostino e del suo “ Conosco l’amore meglio di voi”, edizioni Codice.

Mi sono chiesta incuriosita, prima di leggere il libro: “Come farà questo scrittore a raccontare fatti delicati, scabrosi, come quelli a cui fa riferimento nel testo, senza permettere al lettore di abbandonare la lettura?”.

Quando si parla di “cose” che urtano la nostra emotività per poi farla trasbordare, toccando anche le zone proibite di quella fetta di umanità, che convive tra l’apparire e l’essere, non è sempre facile essere obiettivi, andare oltre i fatti e riconoscere dignità anche alla colpa. Non giustificandola, ma riconoscendola; perché guardare in faccia il nostro Mr Hyde ci possa permettere di integrarlo in quel Dottor Jekyll che si mostra a noi, come essere razionale, perbene, moralmente probo.

Luci ed ombre, come in un’opera teatrale che modula le differenti emozioni sul palco, trasmettendole ad un pubblico interattivo. In questa maniera, la lettura di questo libro ci trascina, esplicita le nostre emozioni.

Io ho riso, pensando alla “macchietta” del tipo virile, meridionale che, nell’impellenza di soddisfare le sue voglie per la femmina, oggetto di godimento sessuale, si masturba fra il plauso degli uomini di famiglia, facendosi accreditare il bisogno vitale del suo essere maschio.

Le donne, invece, divise in due categorie: quelle oggetto del desiderio, che non ci appartengono, sono di tutti, e quelle di famiglia, che non si toccano, non si guardano, si permettono di sfiorire al riparo del matrimonio, le stesse ragazzine che soddisfano le voglie adolescenziali in giochi parentali, al riparo dagli sguardi della gente. Tanto rimane tutto in famiglia.

Ma ho anche sorriso, pianto, mi sono arrabbiata durante la lettura, procedendo impavida aldilà del contenuto, perché la forma della scrittura, l’uso dei dialoghi, le minuziose descrizioni, spesso a sfondo erotico, le immagini usate a livello metaforico inchiodano il lettore senza via di scampo.

Se critica deve essere la mia analisi, forse alcuni personaggi meritavano un maggiore dinamismo, invece che essere semplici controfigure, come Chantal, prototipo della donna oggetto del desiderio, che Scola ha mostrato magistralmente nei suoi film. Chantal che non diventa voce, essendo priva di quegli aspetti psicologici che la aiuterebbero a prendere vita.

Ho anche pianto, seppur metaforicamente. Mi sono chiesta se in un bambino il dolore profondo, la rabbia, il trauma provocato dalle figure di riferimento, come il padre che lo abbandona o il prete che lo abusa, si possono mai trasformare nell’adulto che sarà in amore. Non ho trovato risposte che mi hanno accontentato. D’Agostino dando voce a Vincenzo, sia bambino che uomo, ci prova. Come? Nella spinta alla vita, rappresentata dall’ombra più vera di tutti i viventi che incontra, da Agnese, sorella morta che rappresenta per lui una sorta di compagna, una voce della coscienza, il vero grande amore. Vincenzo sembra dirci che, nonostante l’istinto di morte per i fatti accaduti, la rabbia gridata in faccia a tutta la folla perbenista che preferisce vedere in lui il vero colpevole per mantenere intatta l’impalcatura religiosa, moralista di una città che non è solo siciliana, c’è sempre una rinascita, una possibilità.

Ecco allora la risalita da quel cespuglio che gli ha graffiato il corpo ma stimolato l’anima. “ Sono ancora vivo. Posso farcela allora!”

Tutto questo ho letto nel libro, incurante dell’esito, senza chiedermi: “ come andrà a finire?”; godendo, invece, del percorso di quella piacevole, avvincente, curata, particolareggiata, moderna prosa.

Frasi di ampio respiro, ma anche spezzate al momento giusto, con riferimenti storico-sociali che non rendono pesanti o didattiche le espressioni che li esplicitano, sembra quasi che siano casuali, ma al lettore attento non sfugge la dovizia di particolari che riflettono, invece, l’attenta ricostruzione oltre che l’ampia conoscenza dei fatti accaduti. Bella prova d’autore!

Sarah Grisiglione

 

 

 

 

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