Una lezione di storia ma anche di vita quella cui hanno assistito gli studenti delle classi 3° e 4° A  e 4° B del liceo Classico Rapisardi di Paternò durante l’incontro con Giuseppe Pelleriti, autore  del romanzo “Il colpo di coda”. Lo scrittore, infatti, non soltanto ha riportato i ragazzi indietro al periodo storico trattato nel libro, l’immediato secondo dopoguerra, ma ha anche illustrato i temi della debolezza e delle passioni umane, e l’eterno antagonismo tra il bene e il male.

Tratto da fatti realmente accaduti nell’entroterra siciliano all’indomani della Liberazione, il testo narra la storia di Cicciu Dottori, un comunista che vuole fare la rivoluzione e che riesce a raccogliere attorno a sé un nutrito schieramento di sodali. Ben presto però lo spirito ideale da cui era partito, il togliere ai ricchi per dare ai poveri, viene a morire e quegli uomini si trasformano in feroci banditi.

“Sono convinto – ha detto Pelleriti – che un uomo diventa tale se conosce il suo passato. Quegli eventi vanno poi riletti per correggere i propri errori. Per questo mi piace inoltrarmi nella storia della nostra terra e capire perché siamo diventati proprio questa terra. Dietro questo romanzo c’è un’inchiesta, una ricerca, fatta andando a ricostruire i fatti nelle stazioni dei Carabinieri, in Prefettura, a cercare gli atti in mezzo a migliaia di fascicoli,  a parlare con gli anziani del luogo. Poi, dove ci sono i vuoti negli avvenimenti, nei ricordi, interviene il romanziere che deve far sì, però, che la realtà non venga tradita”.

Edito da Prova d’Autore, “Il colpo di coda” è un romanzo corale che, con una narrazione poliziesca, intreccia tra le sue pagine miseria, potere e criminalità, indulgendo spesso anche nelle passioni amorose del capo dei banditi.

“ Cicciu Dottori era un uomo forte e potente – ha spiegato Pelleriti ai ragazzi –  e le donne cadevano ai suoi piedi. La debolezza umana sta proprio in questo: dove c’è il potere si cade in tentazione, ma la forza di un uomo è quella di resistere, se no si diventa schiavi”.

Una parentesi importante è stata poi dedicata dall’autore all’uso del dialetto che permea tutto il romanzo. “Il linguaggio utilizzato è molto importante – ha detto -: ho scritto con una cadenza dialettale e non in dialetto perché volevo che potesse essere letto in tutt’Italia senza problemi, ma era indispensabile utilizzare i nostri termini, anche quelli licenziosi, perché mentre scrivevo ho immaginato di essere lì con loro; era gente di campagna e la parola più elegante che usavano è quella ormai conosciuta in tutto il mondo come intercalare e esclamazione”.

Al termine dell’intervento di Pelleriti gli studenti hanno posto le proprie domande dimostrando di aver apprezzato e compreso appieno il testo letterario, infine l’autore è stato intervistato dai ragazzi del laboratorio di giornalismo che realizzeranno poi un servizio video da inserire nel telegiornale conclusivo del progetto di alternanza.

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