Di Pina Mazzaglia– Allestita negli spazi espositivi del Museo Diocesano di Caltagirone, la mostra “Amabili resti”, raccoglie l’ultimo lavoro di Bruna Caniglia, giovane e promettente fotografa catanese. In un ambiente dedicato al Sacro, Sala Argenti, bene si inserisce l’esplorazione personale di Bruna Caniglia, apprezzata “mise-en-scene” del mondo esterno e specchio interiore di circostanze misteriose. Intermediario appassionato della ricerca dell’artista è il corpo, il suo, ora trasfigurato in esempio di bellezza senza tempo, ora proiettato in un’atmosfera di innocenza e di purezza. L’immagine fotografica oltre ad essere riflesso delle emozioni e del vissuto, diventa la forma narrativa essenziale di un processo di revisione e rielaborazione sulla cui base l’autrice assegna i valori delle sue esperienze. “… Un tentativo risarcitorio, la ricerca di un modello che pacifichi un corpo lungamente negletto” – commenta Giuseppe Cicozzetti (catalogo Med Photo Fest 2021). Autoritratti ideali, emanazione della particolare qualità spirituale che caratterizza l’autrice, e che diviene il tema centrale della sua ricerca. L’evento espositivo si svolge nell’ambito della tredicesima edizione del Med Photo Fest – Festival della Fotografia Internazionale, ideato e diretto da Vittorio Graziano, quest’anno dal tema “Storie di donne varia umanità”.

Come hai iniziato a fotografare?
Ho iniziato all’età di 16 anni, ero una liceale, iniziai a posare come modella e a sperimentare nel frattempo le tante meraviglie della macchina analogica e della stampa in camera oscura.
Da cosa e da chi ti lasci ispirare?
Mi lascio ispirare dalla natura, partendo dalle cose più piccole che si celano dentro di me e si fanno visibili intorno a me.
Quali sono i messaggi che vuoi trasmettere attraverso le foto?
Credo che la foto di per sé, il riflesso delle nostre emozioni e della nostra anima di conseguenza spero sempre di riuscire a trasmettere a chi le guarda, il mio mondo puramente interiore.
La scelta dell’autoritratto. Cosa si cela dietro questa scelta?
Bruna ha mille e più sfumature dentro sé che appartengono sia alla sua donna che alla bambina che è sempre stata. Dentro ciascuno aspetto, attraverso l’autoritratto, svelo la creazione e distruzione di me stessa, rinnovandomi e ritrovandomi di scatto in scatto. Rivelando gioie, malinconie e tormenti.
Che rapporto hai con il tuo corpo?
Il mio corpo potrei definirlo un involucro, un tramite che nella ricerca del vero, essenziale nella sua imperfezione, risplende di luce e bellezza.
Qual è l’obiettivo quando scatti una foto?
Nessun obiettivo prefissato, vi è solo la necessità e la curiosità di conoscermi e ricordarmi chi sono in base al momento vissuto.
Come definisci il tuo stile?
Non credo di appartenere a uno stile ben preciso, quando parlo di Bruna e le sue foto. Semplicemente racconto la mia vita, dando voce al mio cuore sospeso fra luce e oscurità.
Oltre alla mostra di Bruna Caniglia, nell’ambito della tredicesima edizione del Med Photo Fest, al Museo Diocesano le personali di Madame Pagu, Aurora Rosselli, Patrizia Galia, Annamaria Colace, visitabili fino al 7 novembre 2021.

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