Di Monica Colaianni – Lo spettacolo “Alle Armi” di Antonella Caldarella, andato in scena nello spazio artistico Roots, è sicuramente un’opera teatrale dalle tante sfaccettature che si presta a diverse interpretazioni da parte degli spettatori che vi assistono e che diventano anche “protagonisti”. Nella piecè teatrale gli spettatori, infatti, vengono coinvolti dagli attori, facendoli rimanere quasi attoniti poiché non sanno quello che sta succedendo. Non c’è un palcoscenico ma uno spazio dove attori e spettatori si ritrovano insieme.
Personalmente entrando nella stanza, in un primo momento, ho avuto un senso di smarrimento e nel sentirmi presa in causa dalla “Regina” che mi diceva “Pensi che sia troppo giovane?” nella mia mente ho pensato “Perché mi chiede questo?”, “Cosa importa?”, “Ma cosa vuole da me?”. Tutte queste domande hanno avuto una risposta perché quegli attori/personaggi erano anagraficamente giovani ma più che altro era ciò che rappresentavano a rimanere “eternamente giovane”: sentimenti, pensieri, avvenimenti.
Le bambole e i soldati, i principi e le regine, i servi e i padroni sono personaggi che, a mio avviso, ritroviamo in quei “corsi ed i ricorsi storici, che rappresentano il cammino dell’umanità che passa dal senso alla fantasia ed alla ragione e poi, corrompendosi, ricade in basso”.
Chi non è mai stata bambola o regina? Chi non ha mai avuto un padrone? Quanti soldati ci sono ancora oggi? E se ci pensiamo bene tutto questo rispecchia il periodo storio che stiamo vivendo; una piecè teatrale scritta quasi cinque anni fa ma di un’attualità inverosimile.
In questa opera teatrale la finzione si confonde con la realtà perché tutto quello che è rappresentato rispecchia un mondo reale e un po’ tutti ci sentiamo chiamati “Alle Armi”.

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