Con la politica di coesione l’Ue investe 454 miliardi di euro fino al 2020 per ridurre le disparità e favorire la crescita sostenibile in tutte le regioni. Nel parere adottato l’11 maggio regioni e città evidenziano i risultati concreti delle politiche di coesione e chiedono di rafforzarla in un’Europa senza il Regno Unito. Con finanziamenti adeguati, una maggiore flessibilità, procedure più semplici e una migliore integrazione con altri strumenti d’investimento dell’Ue, la politica di coesione può accelerare la ripresa rendendola più bilanciata e inclusiva, migliorando la capacità dell’Unione di affrontare sfide emergenti come migrazione, cambiamenti climatici e resilienza territoriale.
Il Comitato europeo delle regioni è la prima istituzione dell’Ue a prendere una posizione ufficiale su come sviluppare la principale politica di investimento dell’Unione a 27, chiedendo alle altre istituzioni Ue e agli Stati membri di fare della politica di coesione una piattaforma aperta, democratica e partecipativa su cui rilanciare il progetto europeo.
I membri italiani del comitato – coordinati dal capo delegazione Enzo Bianco, sindaco di Catania, e dal presidente del Consiglio regionale della Lombardia, Raffale Cattaneo, che presiede la Commissione per le Politiche di Coesione Territoriale del CdR – hanno svolto un ruolo di primo piano nel finalizzare la posizione condivisa dagli enti locali e regionali di tutta l’Unione.
“La delegazione italiana – ha detto Bianco – è decisiva per rendere più ambiziosa la posizione del CdR e cominciare a porre con forza la questione dell’accoglienza di migranti come precondizione per l’accesso ai fondi”.
I vertici europei sanno che nell’ultimo decennio centinaia di migliaia di progetti sostenuti dai fondi strutturali e d’investimento europei (Sie) hanno consentito di creare posti di lavoro, modernizzare le infrastrutture, potenziare il capitale umano e migliorare la qualità di vita. Nello stesso tempo sono consapevoli dei rischi legati all’impatto che la Brexit avrà sul bilancio dell’Ue e delle crescenti pressioni politiche volte a spostare risorse su nuove priorità, quali la difesa, i controlli alle frontiere, la sicurezza o a favore di strumenti di investimento gestiti a livello centralizzato da istituzioni europee, come il Fondo europeo per gli investimenti strategici (Feis).
In questo quadro il Comitato si oppone a qualsiasi deviazione di fondi e chiede che le politiche di coesione continuino ad avere lo stesso peso percentuale sul totale del bilancio Ue (circa un terzo).
La delegazione italiana ha aperto il confronto tra amministratori di tutta Europa sul blocco dei fondi strutturali Ue per i Paesi che non rispettano gli impegni sull’accoglienza dei migranti, proposto nei mesi scorsi dal governo italiano. Le preoccupazioni per l’impatto locale di un simile meccanismo hanno prevalso nel voto finale ma il lavoro avviato ha l’obiettivo di assicurare che, nel caso in cui resti in vigore la norma sul congelamento dei fondi in caso di mancato rispetto della disciplina di bilancio, sanzioni simili vengano applicate anche in relazione agli impegni assunti dai Paesi membri in materia di immigrazione.
Per quanto riguarda la necessità di migliorare l’efficacia dei fondi strutturali, i rappresentanti regionali e locali chiedono all’Ue di superare la complessità e la rigidità che ne rallentano oggi l’attuazione. In mancanza di un’adeguata semplificazione e flessibilità, gli oneri amministrativi eccessivi, uniti a una crescente incertezza giuridica e finanziaria, rischiano di mettere a repentaglio l’impatto della politica di coesione e il suo valore aggiunto per i beneficiari.

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