Da una fotografia ancora molto parziale ma significativa, frutto delle prime cento risposte al questionario anonimo lanciato dallo Spi Cgil nazionale, emerge che il 60% delle donne catanesi ultrasessantenni ricevono “pressioni psicologiche” e comportamenti persecutori, dal partner passato o attuale. Il 47% dichiara di avere subito minacce e aggressioni fisiche nel corso della vita e ben il 70% dichiara di avere subito minacce e aggressioni sessuali, di cui il 40% avvenute prima dei sessant’anni. Le riflessioni finali consegnate al questionario suggeriscono alle istituzioni, nel 50% dei casi, l’avviamento di percorsi di sensibilizzazione, per il 30% delle intervistate, l’irrigidimento delle pene per chi commette violenza sulle donne, per il 20% la formazione del personale sanitario.

Sono i primi dati emersi stamattina nel corso di “Insieme possiamo dire basta!” , la tavola rotonda che la Cgil e lo Spi di Catania, insieme al Coordinamento donne Cgil, al Coordinamento donne Spi e all’ AUSER, organizzato oggi nel salone Russo di via Crociferi 40 in occasione della “Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne” e coordinato dalla segretaria generale dello Spi Cgil di Catania, Giuseppina Rotella, che ha più volte sottolineato con forza la necessità che “il 25 novembre sia tutto l’anno, tutti i giorni. Fare rete tra donne, associazioni e istituzioni, deve essere una priorità assoluta. Non è un caso che stamattina siano qui riunite sigle e donne storiche dell’associazionismo e del movimenti delle donne a Catania, insieme al nostro sindacato”.

A snocciolare dati e riflessioni subito dopo i saluti del segretario generale della Cgil, Carmelo De Caudo, è stata la segretaria provinciale dello Spi e responsabile del Coordinamento donne per la categoria, Margherita Patti, che commenta: “Ciò che emerge è che le donne più fragili, spesso sole e dipendenti dal marito o dai figli, subiscono aggressioni fisiche, pressioni psicologiche, ricatti economici, fino ai femminicidi. Le richieste d’aiuto delle donne con più di 65 anni sono in aumento. Ma il fenomeno è ancora sommerso. Spesso sono donne che hanno portato avanti la loro relazione in un periodo in cui la violenza tendeva a essere giustificata, se non considerata come un possibile metodo correttivo. Oggi le donne sono più consapevoli e hanno meno paura di denunciare. Eppure, il fenomeno resta ancora sommerso”.

Le donne in Italia continuano dunque a morire, una ogni tre giorni, per il semplice fatto di essere donne. La pratica della violenza domestica a loro danno, però, non sempre emerge, soprattutto se le donne in questione sono over 60. Donne anziane, o in procinto di diventarlo, che sono oggetto di aggressioni fisiche e sessuali e di intimidazioni. Lati oscuri che raramente vengono a galla se non quando culminano nel peggio: le tragedie familiari tra vecchi coniugi ne sono un esempio. Il Coordinamento Nazionale Donne dello Spi, a ridosso del suo nono Congresso, ha deciso di accendere una luce sulla violenza contro tutti gli anziani, ma in particolare contro le donne over 60 attraverso un’indagine nazionale ancora in corso (la raccolta si concluderà il 13 dicembre), realizzata dall’Ires di Bologna e dall’Alta scuola Spi.

Prevenire e monitorare la violenza, però, deve passare anche dalla fiducia nel servizio pubblico e nelle loro operatrici e operatori, come ha sottolineato Concetta La Rosa, responsabile del Coordinamento donne di Catania, che oltre a ricordare la necessità di non considerare “per sempre” alcuni diritti duramente conquistati come la legge 194 sul diritto all’ aborto, ha anticipato la notizia “della sottoscrizione di una lettera di intenti con il consultorio dell’ ASP a cui seguirà l’impegno di ben quattro specialiste che cureranno quattro incontri informativi di prevenzione su tematiche legate alla violenza sulle donne che si terranno nello sportello Cgil di piazza Dante”.

Anche la responsabile delle attività parascolastiche, Pari Opportunità e Politiche giovanili del Comune di Catania, Giusy Balsamo, è intervenuta ribadendo gli sforzi delle strutture pubbliche ad assicurare servizi per tutte le donne e per i territori più difficili, dove purtroppo le violenze proliferano più che in altri.

C’è anche chi ha voluto fare una profonda riflessione sulle giovani donne, come Adriana Laudani dell’UDI: “Dobbiamo ragionare sulle ventenni. Ci sembra davvero che possano essere più forti delle donne di un tempo? Quali sono le nuove fragilità nel vivere la relazione tra i generi? Il mondo è pieno di conflitti e per questo forse è necessaria una educazione sentimentale alla vita. I conflitti non li possiamo eliminare ma almeno possiamo lavorare affinché non siano distruttivi”.

Anche la voce delle donne giovanissime hanno avuto spazio durante l’incontro, tramite l’intervento di Francesca Alessandro (UDU).

Maria Zappalà dell’ UEPE (Ufficio esecuzione penale esterna) del Tribunale ha raccontato la sua esperienza con uomini maltrattanti che entrano nel circuito penale, “uomini che non cerchiamo di curare ma di introdurre in un percorso di consapevolezza”.

Per la presidente AUSER, Nicoletta Gatto, sarebbe anche il caso di “riflettere su quali altre richieste le donne di Catania debbano presentare alle istituzioni in termini di prevenzione. Tra le tante idee, potrebbe esserci quella di chiedere l’obbligo di indossare il braccialetto elettronico anche da parte di chi è stato denunciato per violenza o tentata violenza dalle donne”. Di contro Josè Calabrò (presidente dell’associazione Fare stormo- Il cerchio delle donne), ha raccontato l’esperienza innovativa che in questi mesi è nata nel territorio di Misterbianco, una serie di “laboratori anti violenza di comunità” attivi nel comune che negli anni ha registrato un cospicuo numero di femminicidi. Parole di speranza sono emerse anche da Anna Di Salvo (Associazione Città felice), che ha raccontato la spontanea e forte risposta del quartiere di San Cristoforo al femminicidio di Valentina Giunta e l’impegno delle donne femministe negli ultimi cinquant’anni contro il patriarcato, sempre all’erta sui pericoli della mercificazione, della cancellazione e dell’ omologazione per quel che riguarda le donne.

Elvira Morana, responsabile del Coordinamento Donne Cgil Sicilia, ha chiuso i lavori ricordando

Che “in Sicilia il femminicidio non viene ancora letto correttamente. È infatti avviare un osservatorio affinché se ne studi ogni aspetto e non si rincorra il problema con il solo approccio emergenziale”.

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