Il Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Palermo ha sequestrato due società operanti nel settore della vendita di autoveicoli, una società immobiliare, tre abitazioni, sei fabbricati ad uso commerciale e due terreni in Palermo e provincia, nonché disponibilità finanziarie, per un valore complessivo di oltre 28 milioni di euro, in esecuzione di un provvedimento emesso dal Tribunale di Palermo – Sezione Misure di Prevenzione, su richiesta della locale Procura della Repubblica.

 

Interessato dal sequestro è un imprenditore sessantaduenne originario di Villabate (PA), condannato nel 1998 dalla Corte di Appello di Palermo per concorso in associazione a delinquere di stampo mafioso, perché ritenuto soggetto “a disposizione” della famiglia di Brancaccio – Corso dei Mille alla quale, nelle sua veste di commerciante di autoveicoli avrebbe procacciato, in passato, autovetture “pulite” da porre nella disponibilità di latitanti, curando inoltre il reperimento di luoghi sicuri per gli incontri degli “uomini d’onore”.

 

La “pericolosità” del soggetto è scaturita sia dalle indagini che avevano portato alla cattura del noto latitante TINNIRELLO Lorenzo e dei soggetti che ne avevano favorito la latitanza, ma anche dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia DI FILIPPO Pasquale ed Emanuele, DRAGO Giovanni, ROMEO Pietro, SPATARO Salvatore e TROMBETTA Agostino – poi riscontrate in sede investigativa – che lo indicavano quale fiancheggiatore del sodalizio criminale, tanto da determinarne la responsabilità penale per “concorso esterno in associazione di tipo mafioso”.

 

Il sequestro eseguito trae origine dalle indagini svolte dal G.I.C.O. del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Palermo, che hanno rilevato un’evidente sproporzione tra i redditi dichiarati e le numerose acquisizioni patrimoniali e societarie effettuate nel tempo dal nucleo familiare dell’interessato. In particolare, dagli accertamenti svolti dalle Fiamme Gialle, è emerso che le disponibilità economiche che il sessantaduenne dichiarava non avrebbero permesso l’effettuazione dei numerosi investimenti realizzati, tanto da far supporre che il gruppo imprenditoriale sia stato finanziato, almeno in parte, con i proventi derivanti dall’attività delittuosa.

 

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