#SIAMOAGATA! è il titolo-hasthtag della mostra fotografica curata da Charlotte Urbain in collaborazione con Roberta Carchiolo, che da Sabato 10 Giugno verrà ospitata dal Museo Fragonard di Grasse (14, Rue Jean Ossola). Agli artisti coinvolti nel progetto – tra cui i siciliani Carmen Cardillo, Egidio Liggera, Gaetano Gambino e Salvatore Benintende (in arte TVBOY) – il compito di raccontare le – ahinoi attualissime – variazioni sul tema della violenza di genere partendo dalla figura di una giovane del secondo secolo dopo Cristo.

Raffigurata per il suo martirio con i due seni su un vassoio, Sant’Agata è patrona di Catania, dove viene venerata con fervore fin dalla sua morte (251 d.C.) tanto da essere celebrata ogni anno per tre giorni, dal 3 al 5 Febbraio con una straordinaria processione dalla cattedrale a lei dedicata.
In un momento in cui le donne tornano a rivendicare i propri diritti anche in forme radicali (pensiamo ai seni nudi del gruppo ucraino Femen), la mostra #SIAMOAGATA propone una pluralità di interpretazioni e altrettante opportunità di riflessione.
Il seno di Agata come cifra espressiva, un corpo-arma che viene esposto e ostentato come atto di rivolta, dove la fisicità femminile diventa discorso avversativo in sé e polemico ribaltamento dell’uso del corpo delle donne praticato dalla società degli uomini.

Sant’Agata. La sua biografia scritta, uno dei primi esempi in assoluto della letteratura agiografica, risale all’anno 1.000 ed è conservata presso la Biblioteca Nazionale Francese, a Parigi. Da questo prezioso documento risaliamo alla vita esemplare di questa giovane catanese, vissuta in Sicilia tra il 230/235 e il 251. Secondo gli atti del martirio fu il proconsole Quinziano – giunto a Catania con l’intento di far rispettare l’editto dell’imperatore Decio, che chiedeva a tutti i cristiani di abiurare pubblicamente la loro fede – a far torturare con l’asportazione dei seni e uccidere Agata il 5 febbraio del 251.

Curiosità: la festa di Sant’Agata a Catania è inscindibile dalla tradizionale sfilata delle “candelore”, enormi ceri decorati da straordinari artigiani con puttini in legno dorato, scene del martirio, fiori e bandiere.
Le candelore precedono il fercolo in processione per illuminare il passo ai partecipanti. Sono portate a spalla da un numero di portatori che, a seconda del peso del cero, può variare da 4 a 12 uomini. Il busto di sant’Agata è un capolavoro d’arte orafa del Trecento.

 

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